ADNKronos Politica


lunedì 10 dicembre 2012

L'Uomo Nero


E’ tornato l’Uomo Nero, si salvi chi può. L’Italia è pronta a tornare sul baratro.
Ce ne siamo accorti ieri, leggendo il Corriere della Sera, quando a scendere in campo con l’elmetto montista è stato il direttore in persona. In momenti del genere un uomo deve fare quel che deve fare. “Questa è la cronaca di ore drammatiche che mai avremmo voluto raccontare. Un governo muore così” sospirava ieri De Bortoli. Il tono è quello classico del sogno spezzato.
Perché quello che si avvia a conclusione oltre ad essere stato il governo dei piani alti dei Palazzi era anche quello degli editorialisti, di quell’Italia dei “migliori” (naturalmente autoproclamati) che dopo lustri di frustrante impotenza, di endorsement inascoltati, di nottate elettorali passate a scuotere la testa nel constatare che ancora una volta il popolo aveva votato le persone, anzi scusate, la persona sbagliata, un anno fa decise di prendere in mano la situazione: diamo finalmente al paese un governo illuminato, di gente che sa di latino (come dicevano i bravi manzoniani) e ha passato la vita nei luoghi più vicini al mondo reale conosciuti ad un direttore di giornale: le aule universitarie (dove la realtà entra solo quando qualcuno apre la finestra, come sa chiunque le abbia frequentate fino all’agognata laurea).

I risultati li abbiamo visti, questo blog lo ha scritto e riscritto e non c’è bisogno di ripetere ancora il lungo elenco dei numeri che fotografano lo scenario post bellico di un paese che in un anno ha visto la sua economia reale fatta a pezzi
Ma tutto questo, dal tracollo del PIL all’esplosione della disoccupazione, è scomparso dal dibattito nazionale per dare spazio alla narrativa dell’Italia salvata dal baratro.
Peccato che la storia di Monti sia quella di un medico che, per salvare un paziente di salute cagionevole dalle angosce di una vita poco allegra, invece di curarlo l'ha spedito in coma.

Monti si sta per dimettere. Alleluia. Ma resterà in sella fino all’approvazione della legge di stabilità, che avverrà in tempi rapidi e non è in discussione. Chi descrive scenari di catastrofi imminenti con all’orizzonte lo spettro dell’esercizio provvisorio dipinge quindi quadri surrealisti e, con la scusa di metterci in guardia da imprevedibili reazioni dei mercati, cerca di alimentarle per poterle poi cavalcare in una campagna elettorale che, Monti o non Monti, era già in corso.
Eh si perché i mercati “ci faranno pagare un prezzo assai alto” tuonava ieri il Corriere, naturalmente per colpa di chi ha aperto questa crisi. Insomma onta su chi ci espone a nuove ondate speculative, avendo  accorciato di 15-20 giorni (nemmeno votando contro, ma astenendosi) la vita ad un governo che nella migliore delle ipotesi poteva sopravvivere altri tre mesi.
Eppure, se la memoria non mi inganna, nessuno dette dell’irresponsabile a chi, tredici mesi fa, fece cadere in quattro e quattr’otto un esecutivo non certo da applausi, ma eletto dal popolo  (non dal circolo ristretto Quirinale-comitati di redazione), aprendo una crisi al buio con ancora un anno e mezzo di legislatura davanti. Nessuno dette dell’irresponsabile a chi, con quella mossa, fece schizzare in su lo spread di quasi 100 punti in poche ore (fino a sfiorare quota 600), e nemmeno ai tanti analisti anonimi che avevano assicurato urbi et orbi che sarebbe successo l’esatto contrario.

Dopo averlo usato come pretesto per far cadere il governo dell’Uomo Nero, lo spread ce lo siamo tenuto tra quota 400 e 500 quasi ininterrottamente per nove mesi (tranne una parentesi tra febbraio e aprile), con un picco a 530 datato 24 Luglio, senza che nessuno di quelli che oggi si strappano i capelli per cose non ancora successe, sentisse il bisogno di dirci che avevamo un problema.
Adesso sarà diverso, anche un’oscillazione di 10 punti sarà un presagio di sciagura, e le agenzie di rating che nel 2012, tra un downgrade e l’altro del nostro sistema economico, erano state bollate dal montiano e moderato Casini come “criminali”, torneranno ad essere definite la voce del mondo che ci guarda. Sempre che buttino la croce sul bersaglio giusto s’intende.
I comitati di redazione sono già al lavoro per mettere a punto la nuova narrativa, e dove i fatti non ci sono si inventeranno, come successo ieri per la frase di Monti “In Politica? Ora sono più libero”, mai pronunciata (come chiaro dalla lettura dell’articolo), ma diventata titolo, per giunta virgolettato, un po’ ovunque, nella migliore tradizione da “realtà aumentata” del giornalismo nostrano.

Il Pdl queste elezioni non le perderà per aver tolto la fiducia a Monti, le perderà, tra le altre cose, per avergliela votata ininterrottamente per un anno intero mentre il suo governo massacrava a colpi di tasse le piccole imprese, i commercianti, i professionisti, e tutta quella classe media che non vive attaccata alla mammella dello stato e costituiva il cuore dell’elettorato di centrodestra. Una colpa che non si lava con un’improvvisa presa di coscienza arrivata troppo tardi per cambiare qualcosa nelle tasche della gente comune.

Stiano quindi tranquilli quelli che oggi condividono con il mondo le loro grida di terrore per il ritorno dell’Uomo Nero, si preoccupino piuttosto di un paese che sta affondando. Un paese in cui, tra le altre cose, si condannano gli scienziati per non aver previsto un terremoto e si arrestano i giornalisti per reati d’opinione.
L’Uomo Nero a Palazzo Chigi non può entrarci se la gente non lo vota. Ad esserci andati per chiamata diretta sono stati altri, e stanno tutti dall’altra parte.

Se vuoi essere aggiornato sull'attività del blog seguilo su facebook  http://www.facebook.com/whitecity12

venerdì 7 dicembre 2012

Tutti giù dal Monti



Di fatto il Pdl non fa più parte della maggioranza che sostiene il governo Monti. L’astensione non è un voto contrario ma marca una discontinuità, come direbbero i Follini di ieri e di oggi (i vari Bocchino, Briguglio e Granata, se qualcuno se li ricorda ancora).
Si potrebbe dire “finalmente”, ma in realtà c’è poco da festeggiare, questo governo di calamità nazionale (nel senso che è stato una calamità, non che è nato per reagire ad una calamità) non avrebbe mai dovuto esistere,  il solo averlo fatto nascere ha voluto dire, per il centrodestra, rinnegare l’unico vero valore  portato alla politica italiana negli ultimi 20 anni, e cioè che i governi escono dalle urne e non dai piani alti dei palazzi.
Un anno fa erano in tanti a dire che, vista la situazione di emergenza, la democrazia era un lusso che non potevamo più permetterci, dopotutto la democrazia nessuno è mai riuscito a metterla in mezzo al pane, no?
E’ vero, la democrazia non si mangia, ma la storia insegna che nei paesi in cui la democrazia è stata trattata come l’abbiamo trattata noi alla lunga anche pane e companatico ne hanno risentito. E l’Italia non ha fatto eccezione: un anno di governo di tecnici eletti da nessuno ci consegna un paese precipitato in recessione,  un’economia sepolta sotto una valanga di tasse e un pareggio di bilancio che, malgrado i ripetuti salassi, non è neanche in vista.

Ci sarebbero state mille occasioni per “rompere”, o almeno per prendere le distanze, in questi tredici mesi di guerra dichiarata all’economia privata, dal commercio alla piccola impresa, con la ciliegina finale del salatissimo saldo IMU servito come antipasto del pranzo di Natale, che darà il colpo di grazia anche alle speranze di una boccata d’ossigeno festiva dei consumi. Ennesimo, ma forse non ultimo, colpo di genio del governo bocconiano che una ne fa e cento ne sbaglia.
Mille occasioni. Ma per assistere al cambio di linea del Pdl abbiamo dovuto aspettare che tale Corrado Passera da Como pronunciasse frasi poco amichevoli nei confronti di Berlusconi.
Si doveva farlo prima. Si doveva farlo per un motivo migliore. Non certo per rispondere al chiacchiericcio mattutino di un futuro signor nessuno, che passerà alla storia solo per essere stato il ministro dello sviluppo economico dell’unico governo della storia repubblicana a non aver conosciuto nemmeno un trimestre isolato di crescita nel corso del suo mandato.

Si è temporeggiato per rincorrere il “signor Casini” (Pierfurbi per gli intimi) e la chimera della ricomposizione dei moderati. Eppure bisognava aver capito da un pezzo che Casini non è in cerca di scelte di campo. A Casini interessa un sistema in cui il centro possa di volta in volta allearsi a urne chiuse con chi vince senza mai uscire dalla stanza dei bottoni. Per farla breve: a Casini interessa Casini, e qualunque sia la dote di voti a sua disposizione è meglio lasciare che sia un problema di qualcun altro.
Proprio Pierfurbi ieri, in piena trance montiana, ha citato a memoria un vecchio adagio del "professore in capo" giusto giusto di un anno fa: Prima di Monti l’Italia rischiava di non poter più pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici.
Pericolo scongiurato. Peccato che per lasciare tutto com’era in una pubblica amministrazione che con tutta evidenza non serve a dare servizi agli amministrati, ma stipendi agli amministratori, oggi contempliamo uno scenario post bellico in cui ci sono quasi 600.000 disoccupati in più rispetto ad un anno fa.

Ma non sono questi i numeri che fanno notizia. Ieri all’improvviso si è tornati a parlare dello spread, salito da 311 a 327 in 24 ore. “Segno che senza Monti sull’Italia tornerà la bufera” hanno sentenziato i soliti analisti senza nome, quelli che un anno fa ci avevano assicurato un calo secco di 100-200 punti del temuto indice non appena Monti avesse varcato la soglia di Palazzo Chigi, gli stessi che hanno poi assistito in sonnacchioso silenzio alla sua permanenza sopra quota 500 fino ad estate inoltrata e che oggi profetizzano catastrofi per un’oscillazione di una quindicina di punti.

Si vada alle elezioni. Lo si faccia il prima possibile, siamo già in ritardo di un anno.
Il centrodestra queste elezioni le perderà perché fino a ieri non ha fatto niente per vincerle. Il successore di Monti facilmente riuscirà a fare anche peggio di lui. Ma è meglio un cattivo premier votato dal popolo che uno  scadente, o appena passabile, scelto per concorso.
Prima di parlare di vincere le elezioni c’è da ritrovare la propria identità. E c’è da dire qualcosa di liberale, già che ci siamo.

Se vuoi essere aggiornato sull'attività del blog seguilo su facebook  http://www.facebook.com/whitecity12