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martedì 5 febbraio 2013

L’IMUnodeficienza




Se c’è una cosa che abbiamo imparato in un anno di governo tecnico è che non si vive senza l’Imu: l’Imposta che ci ha salvato dalla deriva greca (copyright P.F. Casini), qualunque cosa voglia dire.
Apriti cielo dunque quando qualcuno prima ha proposto di abolire l’Imu sulla prima casa e poi, orrore, addirittura di restituire il maltolto incassato nel 2012.
Proposta ridicola, demagogica, populista l’hanno subito bollata gli esponenti del “nuovo-arco-costituzionale-wannabe”, i Casini e i Bersani, quelli che di tasse sono sempre vissuti e quindi comprensibilmente sull’argomento sono un tantino sensibili. Ci vuole tatto.
Monti? Il Tecnico in Capo, il volto nuovo del popolarismo europeo, ha voluto distinguersi arrivando ad ipotizzare, da autentico moderato, che si tratti di voto di scambioCorruzione.
Come se un cittadino che va a votare pensando alla salute delle sue tasche dovesse sentirsi in colpa per essere stato corrotto da qualcuno.
Il benessere di un paese dipende anche e soprattutto da quanto sono piene le tasche di chi ci abita. Vallo a spiegare a chi vive di solo spread.
Ma soprattutto l’idea di abolire l’Imu sulla prima casa (con effetto retroattivo al 2012) è stata  giudicata irrealizzabile. Perché appunto non si vive senza l’Imu.

Oddio, la capacità dell’autore della “proposta shock” di passare dalle parole ai fatti è come minimo da discutere, e resta sempre il piccolo problema di coerenza di un partito che prima vota l’introduzione di questa IMU in parlamento e un anno dopo fa la campagna elettorale sulla sua abolizione.
Sulla genuinità della proposta e suoi “buoni propositi” di chi l’ha avanzata ognuno è quindi libero di farsi la sua opinione, ma dire che abolire l’Imu sulla prima casa vuol dire scardinare irreparabilmente i conti dello Stato è una balla di quelle certificate.

Per la verità questo film l’abbiamo già visto: nel 2006 fu sempre l’Uomo Nero di Arcore a proporre l’abolizione dell’Ici sulla prima casa nell’unico sussulto di un soporifero confronto televisivo pre-elettorale con Prodi.
Stesso copione, risatine di sufficienza abbinate alla solita “indignazione telefonata”, che per molti è diventata ormai uno stile di vita. In pochi giorni il vantaggio elettorale del centrosinistra, dato per inattaccabile, si ridusse a cifre da prefisso telefonico internazionale (con il doppio zero davanti) e l'armata prodiana si ritrovò in mano una vittoria azzoppata che valeva poco più di un pareggio.
L’idea si rivelò talmente irrealizzabile ed eversiva che fu poi lo stesso governo Prodi a metterla in pratica per primo, poco più di un anno dopo, esentando dall’Ici sulla prima casa circa la metà del contribuenti italiani.

Venne poi il 2008 con la promessa berlusconiana di completare l’opera e di estendere l’esenzione a tutti i proprietari di prime case (tranne quelle di lusso). L’Italia votò, l’Uomo Nero vinse e il famigerato primo Consiglio dei Ministri a Napoli, sventurati noi, mantenne.
E lì iniziarono i guai. Eh si perché ormai ce l’hanno spiegato talmente bene che l’abbiamo capito “Se oggi c'è l'Imu bisogna accettare l'amara verità che si è abolita l'Ici senza calcolare le conseguenze, non poteva e non doveva essere abolita nella situazione economica in cui si trovava il paese". Insomma se oggi l’italiano medio deve fare i conti con le batoste dell’Imu la colpa è di ha abolito l’Ici sparando prima di mirare.

Però poi uno si fa due conti e scopre che l’intera ICI sulla prima casa valeva circa 2.5 miliardi di Euro, (3 miliardi secondo le stime più generose) il primo intervento del governo Prodi ne tagliò circa 1, quindi, riferendoci alla detassazione spericolata dell’ultimo governo di centrodestra, stiamo parlando di non più di 2 miliardi di euro.

2 miliardi di Euro erano e restano un gran bel gruzzolo, ma si tratta di 1/800 del nostro Pil  (lo 0.125%), di 1/400 della nostra spesa pubblica (lo 0.25%) e di 1/1000 del nostro debito pubblico (lo 0.1%). Non esattamente il genere di percentuali che fa la differenza tra il virtuosismo di bilancio e la bancarotta.

Per tappare questo buco da 2 miliardi il governo dei tecnici ha dato alla luce una tassa che nelle previsioni doveva incassarne circa 20, quando l’intera Ici (non solo quella sulla prima casa) ne portava nelle casse dello Stato meno di 10.
Per la serie “ci rifacciamo con gli interessi”: ogni anno avremmo recuperato cinque volte quello che l’Uomo Nero aveva irresponsabilmente lasciato per strada in ciascuno degli esercizi economici dal 2008 al 2011.
E non è finita qui, perché alla prova dei fatti il gettito IMU è stato di circa 24 miliardi, ovvero ben 4 miliardi in più rispetto a quelli che questo stesso governo aveva previsto (quindi le volte diventano sette).
Quanto vale tutta l’Imu sulla prima casa? Coincidenza: 4 miliardi giusti giusti.
Abolirla (o restituirla) vuol dire riportare il gettito complessivo dell’Imu più o meno a quanto stimato e messo in conto dallo stesso Governo del Professor Monti.

L’unico motivo per cui questa proposta potrebbe essere giudicata irrealizzabile è che abbiamo a che fare con uno Stato con le mani talmente bucate da non essere in grado di privarsi nemmeno di quello che non aveva previsto di incassare, per il semplice motivo che qualunque somma è già spesa prima ancora di essere incassata, secondo il ben noto principio per cui tutta l’acqua del mondo non riempirà mai un bicchiere a cui è stato tolto il fondo.
Tutto questo con buona pace di campagne di buonismo fiscale all’insegna del “pagare tutti per pagare meno”, uno slogan tanto sensato da sembrare vero, almeno fino a quando non ci si ricorda che lo Stato recupera regolarmente dalla lotta all’evasione una decina di miliardi di euro l’anno (12 miliardi nel 2012). Qualcuno ha mai visto un centesimo di quelle somme essere utilizzato per ridurre di un centesimo le tasse?

Così stanno le cose in Italia fuori dal recinto della balle di comodo, delle frasi fatte e dei Meme. Così era ieri e così sarà verosimilmente domani. Ma questo non significa che debba piacerci.